• Maggio 30, 2023

Videogiochi sì, ma come si costruisce un prodotto di successo per il gaming?

Chi pensava che PlayStation ed Xbox sarebbero rimasti fenomeni degli anni ’90 si sbagliava di grosso. Ad oggi non solo le due console principali sono arrivate alla quinta generazione, ma l’industria del videogioco è tra le più floride del mondo. Nel 2022 il fatturato ha toccato i 55,7 miliardi di euro, nel 2028 dovrebbe superare i 435 miliardi di dollari. Una previsione più che rosea per il mondo del gaming.

La risposta degli utenti è stata più che eccezionale ma niente funzionerebbe come deve se non ci fossero, alle spalle, le software house. Di cosa si tratta? Sono le case produttrici di gioco, sparse per il mondo, il cui ruolo oggi è fondamentale per il settore dell’entertainment. Il lavoro delle case di gioco è fondamentale, anche a livello occupazionale. Non sono gamer che sviluppano giochi, ma figure eterogenee, diverse, con una ovvia vocazione digitale ma con esperienze differenti in differenti ambiti. E quindi matematici, grafici, fisici, narratori, game-tester.

Software house come Novomatic, NetEnt ed altre, che sviluppano prodotti da casinò, hanno una storia lunga e pertanto hanno l’esperienza adatta per essere un ottimo esempio. Alla pari di Sony, nata in Giappone e famosa in tutto il mondo, o di Ubisoft, casa di sviluppo europea, la prima in assoluto, fino a Nintendo. Ed ancora EA, Santa Monica Studios, Zero Games Studios, Epic Games. Tutti produttori a cui oggi si associa almeno un prodotto di successo.

Ma come si sviluppa un gioco? Il lavoro degli sviluppatori è di quelli duri e la risposta del pubblico può essere decisiva, nel bene e nel male, per il successo del gioco. Si comincia da lavori di confronto, che durano mesi o anche anni. Si passa poi per le prime bozze del progetto, dall’idea dei personaggi fino alla tavoletta grafica che realizza i vari soggetti che entreranno nel gioco. Un lavoro lungo, se si aggiunge che oggi è necessario creare immersione per l’utente. Non basta costruire un personaggio, questo va dotato di una personalità, di un animo. E l’animo va poi raccontato: per questo le trame e la storia sono affidate ad esperti di narrazione. Lo storytelling prende così il sopravvento.

Si passa poi a tutte le specifiche tecniche e grafiche, con un’attenzione particolare al sound-design, che deve perfettamente coniugarsi con il gioco, la sua trama e i suoi ambienti. Solo alla fine arriva la parte conclusiva, forse anche la più divertente, sicuramente quella decisiva: il gameplay, la fase di test prima della pubblicazione di un titolo. E poi c’è solo il giudizio del mercato. Che può essere anche impietoso – e tante volte lo è – e che forse non considera a dovere quello che è un lavoro enorme, pluriennale.

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